Le acque per il consumo umano devono essere pure, non devono contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute. In genere Il Laboratorio fa una selezione dei parametri da controllare tra tutti quelli previsti dalla legge. Si tratta delle sostanze più rappresentative della qualità e della tipologia di acqua, come sodio, durezza, fluoruri, cloruri, solfati. Poi vi sono alcuni inquinanti che testimoniano una contaminazione riconducibile a cause precise.
Vediamo quali sono, da cosa dipende la loro presenza ed entro quali limiti è tollerata.
Nitrati. Sono composti naturalmente presenti nell’ambiente, in quanto sono una delle forme che l’azoto assume nel suo ciclo di vita. La loro presenza nell’acqua potabile ha apporti naturali (dal terreno) piuttosto modesti, la maggior parte deriva da attività umane. L’inquinamento da nitrati è originato da allevamenti, fertilizzanti agricoli e rifiuti industriali o fogne. I nitrati non si legano stabilmente al suolo, non evaporano facilmente, ma hanno un’altissima affinità con l’acqua, sono molto solubili e si diffondono rapidamente in una falda. Il problema dei nitrati in Italia ha un’origine prevalentemente agricola, per l’uso indiscriminato di fertilizzanti in agricoltura. Purtroppo però, i nitrati hanno in molti casi addirittura origine fognaria. Dove la rete fognaria è in cattivo stato o in zone dove abbondano fosse biologiche e altre forme di dispersione dei liquami, può verificarsi una contaminazione della falda o di alcuni pozzi proprio a causa dei liquami.
Limite di legge: 50 mg/l.
Cloruri. Derivano dalla decomposizione di rocce, ma anche da scarichi industriali e urbani. In concentrazioni elevate possono essere corrosivi per le tubature, ma l’effetto negativo principale è sul sapore. I cloruri tendono a dare un sapore salato all’acqua, specialmente per concentrazioni superiori a 200-300 mg/l.
Limite di legge: 250 mg/l, necessario per garantire buone caratteristiche di sapore.
Solfati. Possono essere sia di origine naturale (da rocce sulfuree come le acquetermali) sia sintomo di inquinamento organico da scarichi. Non sono tossici, al peggio sono lassativi o danno irritazioni gastrointestinali (se in elevate concentrazioni).
Limite di legge: 250 mg/l, per gli stessi motivi dei cloruri.
Cloriti. I cloriti sono tipici sottoprodotti di disinfezione, dovuti all’uso di biossido di cloro (ClO2) come disinfettante. Non ci sono forti preoccupazioni rispetto agli effetti sulla salute di questi composti, tuttavia l’Organizzazione mondiale della sanità individua in 700 μg/l un valore-guida provvisorio. In Italia, in alcuni casi, si clora ancora molto l’acqua di rete e questo avviene perché le reti sono in gran parte vecchie e, di fronte a un pericolo di contaminazione dell’acqua distribuita, il gestore preferisce aumentare un po’ la pressione in rete (e questo causa perdite) e la disinfezione.
Limite di legge: 200 μg/l. È molto stringente, il ministero della Salute italiano si è reso conto subito che molti acquedotti non ce l’avrebbero fatta a rispettarlo, così fino al 25 dicembre 2006 (3 anni dopo l’entrata in vigore della legge) sono state tollerate concentrazioni fino a 800 μg/l.
Ora passiamo ai metalli. Oltre a ferro e manganese, che possono dare cattivo sapore, odore e o colore all’acqua ma non sono particolarmente pericolosi (i limiti sono rispettivamente di 200 μg/l e 50 μg/l), vi sono altri metalli che meritano la nostra attenzione.
Alluminio. Non è nota una particolare tossicità dell’alluminio. La sua presenza può essere dovuta a cause naturali (terreno) o, più frequentemente, è attribuibile a trattamenti di potabilizzazione delle acque superficiali: è utilizzato per eliminare altri inquinanti più pericolosi. In forti dosi, perciò, l’alluminio può essere la spia della precedente presenza di altre sostanze.
Limite di legge: 200 μg/l.
Arsenico. È un elemento presente naturalmente in tracce e dipende dalla natura del terreno, ma a volte, soprattutto se la concentrazione è elevata, può essere segnale di contaminazione industriale o smaltimento di rifiuti pericolosi. L’arsenico è tossico e porta a lungo termine a problemi di avvelenamento, per questo esiste un limite massimo di legge molto basso.
Limite di legge: 10 μg/l.
Cromo. È un metallo che può essere presente in varie forme, quella pericolosa è il cosiddetto cromo 6 (o esavalente). La sua presenza dipende spesso da inquinamento dovuto ad attività industriali, ma in piccole quantità può essere rilasciato anche da parti di rubinetteria e impianto idraulico.
Limite di legge: 50 μg/l.
Nichel. È un metallo indesiderabile, è frequente causa di allergia e può causare danni alla salute nel lungo periodo. Il nichel ha un po’ la stessa origine del cromo, perché lo si può trovare sia nel terreno sia in parti di rubinetteria.
Limite di legge: 20 μg/l.
Piombo. Questo parametro potrebbe essere elevato nei centri storici delle città o comunque in abitazioni vecchie, le cui tubature non sono ancora state sostituite e quindi potrebbero rilasciare nell’acqua il piombo di cui sono fatte. Le acque più leggere (bassa durezza, basso residuo fisso), con pochi minerali, sono dei solventi più forti e quindi facilitano questo processo di rilascio del piombo dalle tubature, mentre l’acqua calcarea è meno a rischio. Il problema di una concentrazione elevata di piombo non è quindi relativo all’acqua erogata dall’acquedotto, ma dipende nella stragrande maggioranza dei casi dalle tubature private. Il piombo è un metallo tossico, che si accumula nell’organismo. Mette a rischio in particolare la salute dei bambini, perché lo assorbono di più e i danni si possono avere in fase di sviluppo.
Limite di legge: 10 μg/l, che sono però da raggiungere solo entro il 2013.
Solventi e trialometani. Nelle sue inchieste sul campo Altroconsumo va poi alla ricerca dei composti organoalogenati, la cui presenza è regolamentata per legge perché è il sintomo di un inquinamento da solventi industriali o da sottoprodotti della disinfezione. Per la somma dei due solventi, trielina e tetracloroetilene, il limite di legge è di 10 μg/l, mentre per la somma dei quattro trialometani (cloroformio, bromoformio, dibromoclorometano e bromodiclorometano) il limite è di 20 μg/l.
Testo preso da “Acqua una risorsa da conoscere” Realizzato da regione Lazio in collaborazione con Altroconsumo